Care mamme,
oggi continuiamo a discutere sul tema mamme e leadership e lo facciamo pubblicando un estratto del libro di Gianpaolo Bonani, L’impresa aumentata, che ci racconta la womenomics.
Il termine è stato coniato da Kathy Matsui, partner giapponese della banca d’affari Goldman Sachs, che ha voluto stimare il contributo aggregato che le donne danno allo sviluppo dell’economia mondiale.
Economia e impresa al femminile, come dice Alain Touraine, “le donne stanno diventando motore di un cambiamento politico perchè possono immaginare un modello sociale alternativo a quello maschile, ormai vecchio di secoli, entrato in crisi.”
E così il nostro autore descrive l’economia rosa e il suo potenziale.
“Nel 1950 le donne erano un quarto dei lavoratori. Oggi sono il 58%. Se in Italia l’occupazione femminile uguagliasse quella maschile l’avanzamento del PIL sarebbe del 22 per cento. Le piccole imprese a conduzione femminile sono nate in Italia nell’ultimo quinquennio al ritmo di 20.000 ogni anno, quasi sempre senza sostegni pubblici particolari e spesso senza analisi di mercato. Su 6 milioni di imprese, quelle guidate da donne sono il 23 %, cioè oltre 1,3 milioni.
Le startup rosa non sono occasionali, ma un fenomeno continuo. Le donne sono ottime imprenditrici dell’e-commerce. Le imprenditrici che gestiscono negozi su eBay erano oltre 5.000 nel 2011. Sul versante commerciale è sempre più rilevante la presenza femminile in rete.
Ci sono oltre 2 milioni di mamme sui social network e sui blog. Digital Mom è un fenomeno internazionale che porta le madri a consultarsi per risolvere i problemi di gestione casa-lavoro e per gli acquisti di prodotti di prima necessità domestica.
Nella famiglia cellulare, padre, madre, figli, lei non ha più i compiti forzati della famiglia allargata tradizionale. Che abbia studiato o no, che lavori o gestisca l’economia domestica, conta per la metà della vita di casa. La madre “domestica” non è più maggioritaria e la “donna attiva” è il riferimento che s’impone. Non è più al servizio di un uomo, è libera nei suoi movimenti e percorre il mondo”. La descrizione corrisponde allo stereotipo della donna dei paesi economicamente benestanti, anche se non coglie l’immagine completa del più grande motore dell’economia mondiale, il consumo femminile.
La centralità della donna nell’economia viene conclamata. Non è solo una questione di marketing, che punta a massimizzare i comportamenti d’acquisto dell’esercito femminile. I sociologi sono convinti che si stia entrando in un’epoca segnata dalle virtù femminili. La donna è un animale razionale che possiede l’istinto al feed-forward “grazie alla sua maggiore capacità di relazionamento reciprocante”, dice Stefano Zamagni. La donna ha un sistema motivazionale in cui prevalgono le componenti intrinseche (etiche) e trascendenti (spirituali) che non si basano quindi solo sulla ricompensa in denaro e potere (tendenza prevalente nel maschio). “La donna tende a privilegiare la competizione cooperativa – quella del win-win – piuttosto che con la competizione posizionale – quella del superstar effect: winner takes all, the loser loses everything. Ora, non vi è chi non veda come, con l’attuale traiettoria tecnologica basata sul lavoro di squadra, sia la competizione cooperativa a ottenere i migliori risultati.
La vera diversità delle donne viene dall’esperienza di cui sono portatrici. Sono state rinchiuse per troppi secoli nel privato. La loro irruzione nello spazio politico è la fine di una vistosa assenza. Sono portatrici, non per caratteristiche psicologiche ma storiche, di un nuovo interesse per la sfera pubblica, proprio in quanto tradizionalmente escluse. Le rivendicazioni femminili sono globali, hanno un discorso più inclusivo. È un processo lungo e che non dobbiamo valutare con gli occhi del passato. Gli uomini sono rivoluzionari, le donne sono democratiche. Sono capaci di elaborare progetti di riforma di società.
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